Yono-Cho by Vittorino Andreoli

Yono-Cho by Vittorino Andreoli

autore:Vittorino Andreoli [Andreoli, Vittorino]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2006-01-01T23:00:00+00:00


Doveva mettersi in buona luce e per questo tendeva a usare un linguaggio ricercato e far trasparire la sua cultura fondamentalmente scientifica. Non era interessante il lavoro che svolgeva quanto quello che gli sarebbe piaciuto fare: occuparsi di intelligenza artificiale e, confondendo un po’ realtà e desiderio, parlò della sua attività: «Mi oc-cupo di intelligenza artificiale, signorina, di macchine capaci di operazioni mentali analoghe a quelle dell’uomo. Talmente identiche da rendere nulla la distinzione, per quelle funzioni, tra uomo e macchina. Ed è una scienza bambina, il futuro lascia intravedere che un robot sarà capace di riprodurre in toto la mente dell’uomo. Avremo una macchina uomo, un uomo fatto dall’uomo e simile a quello della natura, fatto da Dio. Un lavoro affascinante, ma, se mi permette, inutile: a che serve faticare per costruire un essere così imperfetto come l’uomo? Non le sembra sarebbe meglio lavorare per un progetto diametralmente opposto e impegnarsi per costruire un non-uomo o un uomo perfetto, migliore? Insomma io gareggerei con Dio, in modo industriale, per batterlo non per copiarlo. Fra l’altro non è corretto e va contro i diritti del brevetto, da rispettare anche se Dio sembra non l’abbia depositato e comunque non ne rinnovi la licenza».

Si stava accorgendo del ridicolo, non solo per quello che affermava, ma per il fatto stesso di farlo e ancor più perché si preoccupava di cosa andava affermando. Quella non capiva nulla.

Quando si parla con chi non può rispondere, si raggiunge un’enorme libertà, si può finalmente dire tutto quello che si vuole, senza alcun controllo. Senza la tortura della sintassi, della forma della frase, persino dei sillogismi. Finalmente muore il formali-smo per cui chi desidera mandare in malora un tale, deve con grande rispetto dirgli buongiorno.

Ebbene, basta: ti fa schifo, lo dici. Vuoi raccontare che finalmente sei stato pro-mosso al livello di carriera superiore, lo affermi anche se non è vero.

Sentì la bocca aprirsi e scaricare contro quella povera malcapitata una serie di parolacce, frutto, pur nella sua illimitata creatività, di un ripasso di tutto il repertorio della volgarità. Quando la chiuse, si sentì vuotato, ma colpevole. E si scusò: «La prego, mi scusi, signorina…», ma si ribellò subito: «Macché scusa, sono stanco di scu-sarmi», e seguirono altrettante e irripetibili parolacce.

L’ingegnere non aveva mai sentito una tale concentrazione di cattivo gusto e di volgarità come quella che gli era appena uscita di bocca. Come se avesse eruttato un magma che aveva fortemente e a lungo trattenuto. Si sentì perfino stanco, anzi sfinito, tanto da distendersi sulla poltrona in cui si trovava seduto, facendo di un ingegnere una linea retta. Circa a metà di quella entità geometrica si trovava il pene, che egli indicò con un gesto volgare dicendo: «Questa è la ragione della vita, hai capito!», e finalmente le diede del tu come prescriveva il programma. «Senza, il mondo crollereb-be. L’uomo è il proprio pene e ogni affanno è una ricerca di erezione. L’amore, un’erezione a due, il successo, un’erezione tra la folla. L’intelligenza, un grado di impotenza. E allora, prendilo in bocca e succhia.



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